martedì 28 agosto 2018

Recensione libro "Extraordinary means" di Robin Schneider

Ciao a tutti! <3
Oggi sono qui per parlarvi di un libro che ho finito di leggere giusto poco prima di cena :). L'ho letto in inglese e, durante la lettura, ho scoperto che esiste anche la versione italiana! Si chiama Svegliami quando tutto sarà finito (2015, Fabbir Editore). Quindi, se qualcuno fosse interessato ma non se la sentisse di affrontare la lettura in lingua ( per chi se lo stese chiedendo, il livello d'inglese di questo libro è facile ;)), ha la soluzione a portata di libreria ;). Detto questo, vi lascio la recensione (con i dati dell'edizione inglese e la trama tradotta da me).


Titolo: Extraordinary means
Autore: Robyn Schneider
Editore: Simon & Schuster
Data di pubblicazione: 26 maggio 2015
Pagine: 324
Prezzo: £7,99
Genere: Young Adult

Trama: Quando viene spedito al Latham House, un collegio per ragazzi malati, Lane pensa che la sua vita potrebbe essere finita. Ma quando incontra Sadie e i suoi amici - un gruppo di eccentrici combina guai - realizza che forse ammalarsi è soltanto l'inizio. Che la malattia non deve definirti, e che innamorarsi è la sua sola cura.

Recensione: Prima di tutto, vi avverto che questa recensione non sarà lunghissima (o almeno credo o.O). Seconda cosa: devo ammettere che l'anno scorso, quando avevo iniziato a leggere questo libro prima di decidermi a comprarlo, ero arrivata al settimo capitolo (non so come mai me lo ricordi così bene :)) ed ero letteralmente stregata dalla storia: sul telefono avevo sottolineato non so quante frasi, nel cuore avevo emozioni che non avevo idea di come definire. Tutte cose queste che, a un anno dall'inizio dalla lettura (lettura che ho praticamente ripreso da zero, dato che non ricordavo niente :/), non c'erano più. E non credo per colpa del libro: in questi ultimi mesi me ne sono successe di tutti i colori, quindi penso di essere io ad essere cambiata: mi aspettavo le stesse emozioni che avevo provato tempo prima, mi ero posta in generale alte aspettative per questo libro che, tuttavia, non si è dimostrato del tutto come mi ero immaginata. Non mi ha delusa come lettura, ma non ha neppure fatto scoccare quella scintilla che mi avrebbe fatto pensare "E' davvero un buon libro".
Per quanto riguarda la trama, l'ho trovata alquanto originale, in ambito YA. Siamo in un collegio che ospita adolescenti affetti da una tubercolosi che resiste a qualsiasi farmaco (cosa, grazie al cielo, inventata dall'autore). Ragazzi che possono rimettersi o, peggio, perdere la vita. Lane si ritrova al Latham House. Ed è proprio al Latham House che la sua vita comincia davvero, benché lui sia ormai quasi alla fine della propria adolescenza.
Ammetto che il fattore della malattia mi ha incuriosita parecchio: volevo vedere come i personaggi affrontavano quelle macchie nei polmoni che li avevano tagliati fuori dal resto del mondo, ero curiosa di capire che rapporto avessero con il proprio essere malati. Cose, queste, che grazie al cielo ho avuto il piacere di trovare nel libro: c'è chi non ci pensa per niente, chi vede la malattia come un dato di fatto, chi prova rabbia costante, chi una grande confusione; chi, come Lane, rifiuta inizialmente la propria condizione per poi pian piano capirla e farci davvero i conti e chi, come Sadie, ha rinunciato all'idea di avere indietro la propria vita, in un possibile futuro.
Il fatto che fossi di fronte ad uno Young Adult aveva posto in me aspettative molto alte per quanto riguarda l'introspezione e la costruzione dei personaggi. Punti che, tuttavia, non mi sono sembrati particolarmente approfonditi. Tra i due personaggi principali, Lane e Sadie, ammetto di aver preferito il primo, come storia personale e come analisi: ogni capitolo scritto dal suo punto di vista, per me, è stato come immergermi in una crescita costante e intensa. Cosa che però non posso dire di Sadie. I capitoli scritti dal punto di vista della ragazza, infatti, non mi sono sembrati particolarmente intensi, o approfonditi, come quelli di Lane. Quando li leggevo, mi pareva di essere davanti a qualcosa di superficiale (non lo dico in modo negativo: penso solo che l'autrice, di Sadie, avesse in mente un buon piano, una buona costruzione che, tuttavia, non è riuscita a trasmettere completamente, ecco tutto), che mancava di quella scintilla che invece era presente nei capitoli di Lane.
Altra cosa che mi è parsa mancante è stata la storia d'amore che si instaura tra i due. l'ho trovata quasi forzata, non del tutto in linea con il tono e il ritmo della storia. Ammetto che avrei di gran lunga preferito vedere nascere tra loro una amicizia talmente solida da non poter essere spezzata con niente. La loro relazione, secondo me, è stata descritta e costruita seguendo il cliché dell'amore che salva durante la malattia. E fin qui, niente di male: voi sapete che a me i cliché, se fatti bene, piacciono molto. Tuttavia, credo che l'autrice, da questo punto di vista, abbia fatto un enorme scivolone: penso che, invece di limitarsi a descriverla come una storia da fiaba, avrebbe potuto approfondirla di più, che avrebbe potuto lavorarci meglio per dare a tutta la storia un tocco lievemente più denso e intenso.
Per quanto riguarda il ritmo e il tono della storia, ho trovato entrambi alquanto monotoni: non c'è una parte della storia che spicca più di altre, niente che balza pieno di colori (o che so io) e colpisce il lettore all'improvviso. Non dico che tutto quello che accade sia prevedibile, però quasi sicuramente. E un libro quasi prevedibile, su molti suoi aspetti, a lungo andare, a mio parere, perde il proprio fascino.
Ciò che mi ha colpita maggiormente (e stavolta del tutto in positivo ;)), è stato lo stile dell'autrice: molto semplice ed estremamente scorrevole *^*. Ammetto di non essere una lettrice veloce quando si tratta di leggere libri in lingua e che, per questo in particolare, ci abbia impiegato una buona ventina di giorni. Ma vi posso assicurare che ho provato un piacere viscerale nel leggere le pagine scritte da quest'autrice. Pagine che scorrono come l'olio: una goduria, sul serio *^*.
Altra cosa che mi ha lasciata un bel sorriso sono stati i temi affrontati e le riflessioni che ne sono derivate. Anche qui, penso che l'autrice avrebbe potuto scavare molto di più, perché le tematiche toccate sono estremamente interessanti: Extraordinary means è una storia che si concentra sul valore delle seconde possibilità a livello personale; sul rapporto che si va a creare tra chi è infetto dalla malattia e chi non lo è (un rapporto generalmente caratterizzato dalla paura per i "sani" e dalla conseguente emarginazione dei "malati", emarginazione che continua per i malati anche quando essi non lo sono più :/); sul rapporto tra i malati e i familiari; su chi per cause maggiore i malati sono costretti a lasciare indietro e su come queste persone agiscono nei confronti dei malati; su come l'essere malati cambi la visione che alcune persone hanno del mondo che le circonda e delle possibilità che, se guariti, non devono essere sprecate; sull'amicizia, quella intensa ma breve e quella che dura una vita intera; su quali siano davvero le proprie priorità; sulla crescita che, in qualche modo, la malattia può portare a chi ne è affetto.
Nel complesso, un libro niente male che, ne sono sicura, con un minimo di attenzione in più avrebbe potuto rivelarsi una vera chicca ;).

Voto:

Con questo, la sottoscritta vi saluta qui, sperando di avervi tenuto compagnia almeno un po' ;).
Ci sentiamo al prossimo post! :D
Un bacione, Letizia <3

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